Smartworking è lavoro ibrido e l’ennesima confusione dei media

Smartworking è lavoro ibrido e l’ennesima confusione dei media

Smartworking è lavoro ibrido e l’ennesima confusione dei media

Un paio di settimane fa è uscito su “Il Corriere della Sera” un trafiletto che suonava più o meno così:

il lavoro ibrido batte lo smartworking.

Se persino una delle più importanti testate giornalistiche italiane, se non la più importante, non si rende conto che smartworking e lavoro ibrido sono due modi di dire la stessa cosa, significa che il problema è molto radicato e che abbiamo ancora tanta strada da fare.

Da sempre, siamo le parole che usiamo. Le parole definiscono cosa esiste e cosa no.

Purtroppo, in un’epoca di sovra comunicazione, tra l’altro velocissima, ci sono tante parole in circolazione, troppe; e si finisce per non prestare loro la giusta attenzione. L’obiettivo è di riempire il trafiletto, meno quello di dare un significato a quello che c’è scritto.

Ma ormai è scritto e il significato, se non glielo diamo, se lo prende da sé. 

E quella parola lì, smartworking, un neologismo tutto italiano che fa l’occhiolino agli inglesismi imperanti (ancora per poco? Chissà), ormai ha preso un significato molto diverso dall’originale.

Sapete quale fosse il significato originale? Il cosiddetto lavoro agile rispondeva (e risponde) a tutti i significati del termine inglese “smart”:

  • Intelligente, brillante
  • Rapido (quindi efficiente)
  • Sostenibile
  • Alla moda, “di tendenza”

Un unico termine per indicare così tante caratteristiche. A volte gli inglesismi semplificano la vita.

Ma poi è arrivato il Covid, e, dal primo discorso dell’allora Primo Ministro Conte, smartworking è stato sinonimo di lavoro da casa (manco da remoto, perché non ci potevamo muovere).

Chiunque lavori nel settore si è sgolato a tracciare le differenze tra lavoro da remoto e smartworking. Ma niente, ormai nell’immaginario collettivo i due termini sono sinonimi.

Oltre al fatto che “smartworking” si porta dietro anche i ricordi di un’epoca buia della nostra vita, sia personali che professionali. E’ come se, involontariamente, “scacciare” la parola smartworking fosse un atto liberatorio dell’angoscia di quei momenti. Come se stando in smartworking dovessi tornare a quel periodo buio.

Continuo quindi a credere che sia arrivata l’ora di un rebranding. Di una strategia di valorizzazione del “marchio”. Chiediamo supporto a chi sa fare marketing, e diamo allo smartworking il lustro che si merita.

_____________________________________________________________________________________________________________

Per questo articolo ringraziamo Martina Sconcerti, Business, Career Coach & Speaker per Radio Smart Working.

Smartworking e caro bollette: conviene o non conviene?

Smartworking e caro bollette: conviene o non conviene?

Smartworking e caro bollette:
conviene o non conviene?       

In queste settimane, complici il carovita e un’inflazione che sta sempre più prendendo il sopravvento, ci si interroga molto su come organizzare il lavoro, e cosa possa effettivamente convenire al lavoratore e/o all’azienda.

I giornali e il web sono popolati da titoli clickbait che, al solito, non depongono a favore dello smartworking. Da un lato, infatti, con le bollette alle stelle, viene facile pensare che le aziende, per risparmiare, mettano le persone a lavorare da casa.

Dall’altra non è pensabile che siano le persone, già “piegate” dall’inflazione, a rimetterci soldi che l’azienda non vuole spendere. Diventa anche e per fortuna un tema sindacale, su cui si è espressa molto chiaramente Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil: “Molti accordi già riconoscono contributi forfettari per i lavoratori da remoto”, dice “Ma una cosa deve essere chiara: lo smart working non può diventare una penalizzazione. E neanche un modo per risolvere i problemi dell’azienda: bollette alte, allora chiudo e tutti a lavorare da casa.

Ma quindi, al lavoratore conviene fare smartworking da casa in questo momento di bollette folli?

Secondo Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio Smart Working della School of Management Politecnico di Milano, la risposta è si, conviene in ogni caso.

In un’intervista rilasciata pochi giorni fa afferma che:

“Il rialzo delle bollette e l’inflazione non stanno portando ad un’inversione di tendenza rispetto allo smart working. Anzi, il tema del caro energia, se affrontato in modo razionale, in realtà andrà a costituire un’ulteriore forte motivazione per il consolidamento del lavoro agile”.

I risparmi di questo modello organizzativo possono infatti essere molteplici. Per l’azienda, in termini di spazi e relativi costi energetici; per la società tutta, un risparmio di emissioni CO di 1,8 milioni di tonnellate solo quest’anno appena trascorso (2,5 milioni potenziali, se si tornasse ai numeri di smartworkers del pieno periodo pandemico). Per il singolo, risparmi di commuting di almeno 1000 euro con 2 max 3 giorni a settimana da casa.

Quindi si, lo smartworking è ancora vantaggioso. Ma va affrontato con un approccio razionale e sistemico, che spesso tarda a presentarsi.  

Dopo mesi di quasi totale silenzio, un “revamp” sul lavoro agile viene anche dalla giornata di studi sullo smart working organizzata a fine settembre dall’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche). No alla tentazione di “riportare indietro le bollette dell’orologio”: lo smart working aumenta il benessere organizzativo e l’equilibrio vita-lavoro per il 72 per cento dei datori di lavoro, e favorisce il risparmio dei costi di gestione e l’incremento della produttività. Per la stragrande maggioranza dei lavoratori permette di risparmiare i tempi degli spostamenti, aumenta l’autonomia e rende più efficace il lavoro. Imprese e lavoratori promuovono dunque lo smart working, nonostante ci siano, come è normale, molti punti ancora da sistemare.

________________________________________________________________________________________________________________

Per questo articolo ringraziamo Martina Sconcerti, Business, Career Coach & Speaker per Radio Smart Working.

Fonte: https://www.huffingtonpost.it/economia/2022/10/05/news/smart_working_bollette_caro_prezzi-10351099/ 

 

THE 4 DAYS WEEK – IL SUCCESSO DELLA GRAN BRETAGNA

THE 4 DAYS WEEK – IL SUCCESSO DELLA GRAN BRETAGNA

THE 4 DAYS WEEK:
IL SUCCESSO DELLA GRAN BRETAGNA

Anche in UK la settimana corta si conferma un successo: l’86% delle 73 aziende coinvolte nella sperimentazione della “4 days week” è soddisfatta dei risultati e manterrà questo approccio.

E sono felici anche i collaboratori, che risparmiano circa 300 euro al mese di costi.

L’esperimento britannico arriva dopo altri stati illustri che si sono mesi alla prova:

Sempre più stati Europei stanno sperimentando la settimana corta, 4 giorni di lavoro invece che 5, a parità di stipendio.

L’ultimo in ordine cronologico è il Belgio, che ad inizio anno ha varato alcune riforme importanti, tra cui il diritto alla disconnessione e la settimana corta. I dipendenti governativi possono lavorare quattro giorni a settimana per sei mesi di prova e poi decidere quale approccio scegliere.

La Spagna ha introdotto le 32 ore nel 2021, con lo scopo anche di permettere una maggiore rotazione del lavoro e quindi di combattere la disoccupazione.

Anche la Scozia ha avviato una prova per i quattro giorni. Orario ridotto del 20%, ma nessuna perdita di compenso, grazie ad un fondo governativo di 10 milioni di sterline

l’Islanda ha lanciato una proposta a 4 giorni sul 7% della popolazione, per 4 anni di test. Da quel che emerge, finora, un successo straordinario.

E in Italia a che punto siamo?

Non ci sono, al momento, disegni o proposte di legge su una possibile settimana corta. Già dal 2019 numerosi sondaggi lasciano emergere che anche in Italia questa pratica sarebbe accolta con entusiasmo e avrebbe enormi effetti sulla produttività e la work life integration.

________________________________________________________________________________________________________________

Per questo articolo ringraziamo Martina Sconcerti, Business, Career Coach & Speaker per Radio Smart Working.

Fonte: https://www.repubblica.it/economia/2022/09/26/news/lavorare_meno_e_meglio_londra_promuove_la_settimana_di_4_giorni-367260863/