Un lavoro a misura di Millennials e Gen X
Una decina di giorni fa sono stati resi noti i risultati della classifica “Best place to Work for Millennials” della società Great Place to Work.
Sul sito dell’azienda si legge che “l’intera popolazione dei Millennial ha risposto alla nostra survey di clima aziendale Trust Index© [nome della survey, ndr], esprimendo la propria opinione in merito all’organizzazione in cui lavora e al proprio ambiente di lavoro e confermando di lavorare in un great workplace. La classifica si basa sulle opinioni di oltre 94.000 collaboratori appartenenti a 210 aziende, di cui 16.453 si sono dichiarati Millennial, cioè nati tra il 1981 e il 1997. “
Cosa emerge di interessante?
Emergono conferme su concetti che, in questo contesto di continuo cambiamento, erano già venuti ampiamente a galla come:
- Lavoro flessibile, che significa Smart Working, ma non solo,
- Meritocrazia e assenza di favoritismi,
- Comportamenti etici del management,
- La possibilità di divertirsi e di crescere in un ambiente psicologicamente SANO.
A parere personale, la grande differenza con la generazione precedente (la Gen X, che ora è intorno ai 45-60 anni) non è tanto nei desideri, che forse potevano essere simili, quanto nelle intenzioni!
Il Millennial “tipo” ha capito che può cambiare azienda se non trova quello che vuol e lo ha capito relativamente da poco. Da molti è ancora considerato un “coraggioso” ma è anche vero che le grandi dimissioni sono un fenomeno che sta colpendo principalmente gli under 40. Lo dice anche uno studio di Randstad, la “Hr Trends & Salary Survey”, condotta insieme all’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli dell’Università Cattolica, da cui emerge che il 76% di dimissioni del 2022 riguarda Millennials che se ne vanno per la grande insoddisfazione che provano.
Quest’ultimo è un fenomeno senza sosta, a tratti esponenziale, che si riversa con grande vigore anche sulla nuova generazione. Osservando infatti i dati conosciuti sulla Gen Z, appare lampante come i concetti di: soddisfazione, esperienza e positività si stiano sempre più radicando in questi giovani professionisti (anche qui, dati Randstad): più del 50% cambierebbe lavoro se questo non gli permettesse di vivere come vuole e il 40% preferirebbe essere disoccupato piuttosto che fare un lavoro che non piace. Al di là dell’entusiasmo giovanile, siamo certamente di fronte a delle dinamiche che vanno considerate.
E’ come dire, a grandissime linee: la Gen X si è tenuta stretta il lavoro, cresciuta sul senso del dovere e della performance. Ha passato questo approccio ai Millennials, che sono la generazione di mezzo, divisi tra la “hustle culture” e la voglia (e il senso di colpa) di costruirsi una vita professionale appagante ma sana. E poi arrivano, rompendo tutte le righe, i cosiddetti “giovani” che non ci stanno proprio più. Nel 2025 la Gen Z sarà il 30% della popolazione lavoro, le strategie per accaparrarsi i migliori talenti vanno costruite ora.
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Per questo articolo ringraziamo Martina Sconcerti, Business, Career Coach & Speaker per Radio Smart Working.